La politica monetaria: ruolo e azione della Fed
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Per quanto sia importante comprendere gli indicatori economici di attività, questa conoscenza non servirebbe a nulla se non viene utilizzata per anticipare le azioni di politica monetaria e, più nello specifico, gli interventi della Fed. Molto spesso i mercati finanziari interpretano i dati che indicano un’inversione dell’economia ma la loro reazione si rivela limitata poiché, a prescindere dai cambiamenti economici, non ritengono possibile una modifica della politica monetaria. Nella prima parte di questo articolo ci soffermeremo sulla politica monetaria negli Stati Uniti, mentre nella seconda scopriremo come viene attuata tale politica.
Esamineremo in primo luogo gli obiettivi della politica monetaria, per poi passare all’importanza relativa di questi obiettivi e chiudere con una delle caratteristiche essenziali della Fed: la sua indipendenza.
Come qualunque altro istituto di emissione, ovviamente la Fed è responsabile delle tradizionali mansioni di una banca centrale: organizzare il sistema di compensazione e pagamento, controllare l’evoluzione della massa monetaria, mantenere stabile le parità di cambio.
Oltre a questi obiettivi convenzionali, la Fed presenta specifiche missioni.
Gli obiettivi ultimi delle autorità monetarie americane sono tre:
- economia solida (caratterizzata da un PIL in crescita)
- inflazione minima
- piena occupazione
Questi tre obiettivi sono in genere chiamati “il triangolo infernale” (“uneasy triangle”).
Alterando la spesa pubblica e la tassazione e, pertanto, incidendo sulla domanda globale, la politica di bilancio ha un impatto molto significativo sull’attività economica, l’occupazione e il livello di inflazione. La responsabilità della politica di bilancio è condivisa dalla Casa Bianca e dal Congresso. La Fed è responsabile della politica monetaria dal 1913.
1-1/ Economia solida
L’approccio odierno alla crescita del PIL è più eclettico rispetto al passato. La Fed è invece molto più pragmatica al riguardo, dato che non definisce obiettivi quantitativi e modelli di riferimento. Prima che finissero gli anni Ottanta, l’approccio della politica monetaria alla crescita si basava sull’espansione della massa monetaria. Lo strumento privilegiato era la variazione dei tassi per le riserve obbligatorie.
Oggi l’obiettivo primario della Fed è rendere la crescita più robusta, sostenerla o rallentarla rassicurando al contempo i mercati. Per farlo utilizza essenzialmente i tassi d’interesse.
Dato che gode della fiducia dei mercati finanziari, la Fed non ha affatto bisogno di definire obiettivi quantitativi (a differenza della BCE).
Si stima che l’obiettivo ideale di crescita netta si attesti intorno al 2% (che permetterebbe, a parità di altre condizioni, di evitare recessioni e surriscaldamenti).
1-2/ Inflazione minima
Il modo in cui la Fed decide di raggiungere i propri obiettivi varia nel tempo. Dopo aver abbandonato il controllo della crescita tramite la massa monetaria, la Fed mira sempre a incrementare i volumi della stessa ma non basa le sue decisioni formali sulle variazioni degli aggregati M1, M2 o M3.
La Fed ha iniziato a basare le sue decisioni di politica monetaria su ipotesi di correlazione tra il potenziale di crescita dell’inflazione e l’inflazione reale, una pratica ancora in auge (l’influenza della scuola monetarista di Chicago sulla Fed è, in questo caso, evidente).
Attualmente la Fed osserva nello specifico i seguenti parametri:
- il prezzo delle materie prime in generale (l’indice CRB in particolare)*
- gli stipendi orari e la durata settimanale media lavorata
- il tasso di disoccupazione
- le capacità di utilizzo
Questo elenco di fattori suggerisce che a preoccupare la Fed sia più un’inflazione potenziale causata dai costi piuttosto che un’inflazione causata dalla domanda.
1-3/ Piena occupazione
Lavoro e disoccupazione sono indicatori altamente ciclici. Ad esempio, nel 1985 il tasso di disoccupazione era pari al 7,1%, a febbraio 2001 era del 3,9%, a luglio 2009 del 9,4% e ad agosto del 9,7%. La Fed ha quindi adattato il suo approccio in base a questa evoluzione. Tre anni fa il principale timore era rappresentato dal potenziale di strozzature nella forza lavoro, soprattutto per gli impieghi qualificati. Oggi questo problema non è più di attualità.
È raro che questi tre obiettivi vengano raggiunti contemporaneamente e la loro importanza relativa varia in base alle condizioni economiche generali.
L’ordine di importanza di questi tre obiettivi dipende dal quadro economico globale.
Ad esempio, negli anni Settanta a destare le maggiori preoccupazioni era l’inflazione.
Malgrado l’aumento della disoccupazione nella maggior parte del decennio, il pubblico invocava a gran voce degli interventi per contrastare l’inflazione. Sulla scia di questi timori, sono state introdotte delle vaghe misure di facciata come il congelamento di prezzi e salari da parte dell’amministrazione Nixon e l’inquadramento dei prezzi del petrolio voluto da Carter.
Ovviamente, il governo non considererà mai la possibilità di ridurre le sue spese.
All’apice della crisi, durante l’estate del 1979, il presidente Carter è stato costretto a dare le redini della Fed a un “falco” in materia di inflazione: Paul Volcker.
Agendo rapidamente (con un’inflazione a due cifre), il 6 ottobre 1979 ha adottato le seguenti misure:
- aumento del tasso di sconto dall’11 al 12%
- creazione di riserve obbligatorie (tasso dell’8%) sui crediti aggiuntivi (frenando in tal modo l’espansione della massa monetaria)
- acquisti massicci di dollari sul mercato dei cambi.
Se, al contrario, ci soffermiamo sull’attuale contesto in cui la principale preoccupazione è rappresentata dalla crescita, è possibile notare che i metodi impiegati sono completamente diversi: il problema è capire se la ripresa sarà accompagnata o meno dall’inflazione e, pertanto, al momento l’approccio della Fed si può riassumere con le parole “wait and see”.
Negli Stati Uniti vi è una netta distinzione tra politica monetaria e politica di bilancio. Partendo da questo presupposto, è raro che il potere politico e le autorità monetarie sconfinino l’uno nel territorio dell’altro.
Inoltre, esaminando il modo in cui sono nominati i membri del “Federal Reserve Board” (FRB) (mandato di 14 anni e 4 anni per il presidente), possiamo concludere che questo organo è al di sopra della politica.
Infine, la Fed è l’unica entità che, per controllare l’inflazione, può rischiare una recessione.
Dopo aver definito i suoi obiettivi, è necessario analizzare i mezzi che la Fed utilizzerà per raggiungerli.
In questa sezione, analizzeremo gli organi decisionali, su quali basi vengono prese le decisioni e infine gli strumenti utilizzati per attuare la politica monetaria prevista.
Sono due gli organi che determinato la politica della FED:
- Il Federal Reserve Board (FRB)
- Il Federal Open Market Committee (FOMC)
1-1/ Il FRB
Il FRB è la vera autorità monetaria, per quanto intervenga anche in alcune decisioni associate alla politica monetaria, come dimostra il fatto che ogni membro del FRB è automaticamente membro del FOMC. Il ruolo del FRB esula quindi dalla semplice politica monetaria e riunisce anche la regolamentazione bancaria e l’aspetto internazionale (l’ambito di competenza del FOMC è puramente nazionale). Il FRB si compone di 7 membri nominati dal presidente degli Stati Uniti.
Il loro mandato dura 14 anni, mentre il presidente e il vicepresidente sono nominati per 4 anni. In caso di dimissioni o decesso di un membro, viene nominato un sostituto fino alla scadenza del mandato. Il presidente deve prendere in considerazione i distretti della Fed. In teoria, presso il FRB non ci possono essere 2 membri di uno stesso distretto. Il Senato deve approvare le nomine.
1-2/ Il FOMC
Questo organo è composto da 12 membri. I 7 membri del FRB e 5 presidenti provenienti dai 12 distretti della Fed. Il presidente della Federal Reserve di New York ne fa sempre parte (tra i 5 presidenti), mentre i rimanenti 4 posti vengono assegnati a rotazione tra gli altri 11 distretti.
Non esiste una data effettiva di nascita della politica monetaria. Tuttavia, da un punto di vista cronologico si è iniziato a parlare di tale politica con la prima presentazione del presidente della Fed al Congresso nell’ambito della “Humphrey-Hawkins testimony”.
In quel momento, infatti, il FRB e i presidenti dei distretti hanno definito gli obiettivi di crescita delle masse monetarie e le previsioni correlate ad attività economica e inflazione.
Il presidente fornisce inoltre una panoramica sulla performance passata, presente e futura dell’economia. Alla seconda udienza del presidente, che si tiene a luglio, vengono rivisti gli obiettivi associati alle masse monetarie e sono definiti gli obiettivi preliminari per l’anno successivo.
I dati relativi a crescita e inflazione sono delle previsioni e non degli obiettivi.
La Fed continua a fissare gli obiettivi di crescita degli aggregati monetari, in quanto ritiene che esista una correlazione con la crescita del PIL.
La Fed cerca di regolare l’espansione monetaria al fine di raggiungere una crescita economica non inflazionistica.
Esiste anche una correlazione moneta-PIL relativamente forte: spesso il tasso di crescita dell’aggregato M2 raggiunge il livello minimo allo stesso momento del tasso del PIL. Inoltre, la variabile M2 sembra precedere la produzione di 12 mesi.
Alcuni economisti utilizzano questa correlazione per prevedere il PIL.
2-1/ Gli aggregati monetari
*Definizione di M1: somma di liquidità, assegni turistici (traveller’s cheque) e tutti i conti a vista.
*Definizione di M2: M1 + depositi dei mercati monetari, conti di risparmio, conti a termine inferiori a 100.000$
*Definizione di M3: M2 + depositi a termine superiori a 100.000 $ + depositi in Euro$ + Repo
Dopo aver definito la crescita di questi aggregati, compete alla Fed stabilire un obiettivo di crescita e inflazione.
Il tasso di crescita reale sul lungo termine che, apparentemente, la Fed intende raggiungere oscilla intorno al 2/2,5%. Pertanto, se la Fed decide un obiettivo di inflazione del 2%, l’obiettivo di crescita nominale risulterà compreso tra il 4 e il 4,5%.
In un secondo momento, la Fed determina la relazione tra crescita ed espansione monetaria; questa correlazione è nota come “velocità di circolazione della moneta”.
La Fed ha implicitamente concluso che, sul lungo termine, il PIL nominale cresce allo stesso tasso dell’aggregato M2.
Infine, l’ultima fase consiste nel definire un range di variazioni per il tasso di espansione monetaria, al fine di definirne gli obiettivi.
Attualmente, gli obiettivi previsti sono i seguenti: 2,5% inferiore a M2 inferiore a 6,5%; e 1% inferiore a M3 inferiore a 5%.
2-2/ La determinazione delle riserve
Dopo aver stabilito gli obiettivi di crescita per M2 e M3, la Fed non è sempre in grado di controllare direttamente la crescita della massa monetaria. Tutto quello che può fare è fornire al sistema bancario delle riserve sufficienti per consentire ai fondi federali (e quindi agli altri tassi sul breve termine) di evolvere nella direzione desiderata.
L’importo totale delle riserve è pari alla somma delle riserve obbligatorie e di quelle in eccesso. Le riserve obbligatorie, cosiddette “required reserves”, corrispondono alle riserve che le banche devono depositare presso la Fed. Ogni 2 settimane, di mercoledì, viene determinato il saldo delle riserve.
Attualmente, le riserve obbligatorie sui depositi sono pari a circa il 10%.
Le riserve in eccesso sono quelle che le banche desiderano conservare. In questo caso, le banche prevedono una tensione sui fondi federali (per ragioni tecniche, ad esempio al momento di versare le imposte) oppure un rialzo degli stessi da parte della Fed. La Fed non soddisfa mai tutte le esigenze del sistema tramite il mercato aperto.
Al contrario, costringe alcuni partecipanti a prendere in prestito presso lo “sportello di sconto” (“discount window”).
In questo modo la Fed predispone un controllo sui fondi federali.
Oltre al suo ruolo tradizionale di istituto di emissione e ai principali obiettivi, la Fed svolge altre due funzioni:
- prestatore di ultima istanza
- linea di difesa contro forti variazioni delle parità di cambio
In questa sezione tratteremo le varie azioni condotte dalla Fed per attuare la politica monetaria. La seconda parte sarà invece incentrata sulle relative conseguenze.
3-1/ Tipo di azioni della Fed
Per quanto concerne la politica monetaria, oltre a fissare le riserve, le azioni della Fed possono essere classificate in 3 categorie:
- le operazioni di mercato aperto
- la definizione del tasso di sconto
- la determinazione del tasso dei fondi federali, che permette alla FED di orientare i tassi a breve termine
3-1-1/ Le operazioni di mercato aperto
Le operazioni di mercato aperto sono le più importanti in termini di politica monetaria.
Oggi Wall Street e l’intero mondo finanziario seguono gli acquisti e le vendite di attivi effettuati dalla Fed.
In sostanza, un acquisto di attivi corrisponde a un’iniezione di liquidità sul mercato e queste operazioni prendono il nome di “Repo” (Repurchase Agreement).
* I Repo:
Presentano due forme:
- customer repo: transazioni in genere effettuate per conto di terzi, impatto pressoché nullo in termini di politica monetaria
- system repo: transazione effettuata dalla Fed per proprio conto; tende a indicare al mercato che il livello dei fondi federali è troppo elevato. Il messaggio inviato al mercato è chiaro: per ragioni tecniche o per motivi più profondi, il livello dei fondi federali deve scendere.
Una vendita di attivi corrisponde al ritiro di liquidità dal mercato e queste operazioni sono chiamate:
* Matched sale.
Quando la Fed reputa che il livello dei fondi federali è troppo ridotto, sottrae liquidità al mercato tramite la vendita di attivi, ossia attraverso le cosiddette operazioni di “matched sales” o “reverse repo”.
Attraverso tali operazioni la Fed regola i tassi a breve termine.
* Il coupon pass
La Fed può intervenire sui tassi a più lungo termine tramite il “coupon pass” (acquisti di buoni del Tesoro con scadenza compresa tra 1 e 3 anni). Questa azione può essere interpretata dal mercato obbligazionario come un segnale molto forte.
3-1-2/ La definizione del tasso di sconto
Di recente le rettifiche al tasso di sconto sono state meno frequenti rispetto a quelle sul tasso dei fondi federali. Il fatto che le variazioni del tasso di sconto vengano annunciate pubblicamente ne sopravvaluta la reale portata. Infatti, il tasso di sconto è un indicatore tardivo della politica monetaria; nella maggior parte dei casi, il tasso dei fondi federali viene modificato prima di un qualsiasi cambiamento del tasso di sconto. Tuttavia, il tasso di sconto, che in passato era un’agevolazione concessa alle banche in caso di rifinanziamento difficile, è diventato un tasso penalizzante dal 9 gennaio 2003. Dal 16 dicembre 2008 è pari allo 0,50% (1° categoria) e all’1,00% (2° categoria).
3-1-3/ La determinazione del tasso dei fondi federali, che permette alla FED di orientare i tassi a breve termine
Gli operatori del mercato seguono con attenzione il tasso dei fondi federali poiché da esso vengono ricavati tutti gli altri tassi a breve termine. Infatti, il tasso dei Fed Fund è il tasso marginale di prestito per le banche. Per finanziare ogni nuovo prestito, le banche devono procurarsi delle risorse il cui prezzo deriverà dal livello dei Fed Fund. Per quanto riguardo l’attivo delle banche, anche il “Prime Rate” dipende dal tasso dei Fed Fund.
È bene ricordare che la Fed non utilizza più la variazione del tasso correlato alle riserve obbligatorie.
Restano soltanto da esaminare le conseguenze dell’azione della Fed sui mercati finanziari e sull’economia in generale.
3-2/ Le conseguenze dell’azione della Fed
In questa sezione scopriremo in che modo, tramite la definizione dei fondi federali, la Fed orienta i tassi a breve termine. Cercheremo di capire come le azioni della Fed incidano sui mercati dei tassi, dei cambi, azionari e sull’economia nella sua interezza.
3-2-1/ L’azione della FED sui mercati dei tassi
per quanto la Fed orienti i tassi a breve termine, non è in grado di controllare appieno i tassi a lungo termine
Questi ultimi sono essenzialmente determinati dai seguenti fattori: inflazione, offerta e domanda, rischio di credito sull’attivo interessato, ecc.
Tuttavia, conoscere quale sarà il prossimo orientamento della Fed è di grande aiuto nella selezione degli investimenti.
3-2-2/ L’azione della FED sul mercato dei cambi
Qualunque azione di politica monetaria si ripercuoterà sul mercato dei cambi, in quanto la parità del dollaro americano dipende in parte dal livello dei tassi a breve termine (vedere F. Mishkin, canale dei tassi d’interesse). Tuttavia, a parità di altre condizioni, il FOMC ha sempre formulato i propri orientamenti sui tassi d’interesse privilegiando l’aspetto nazionale rispetto a quello internazionale.
3-2-3/ L’azione della FED sui mercati azionari
I mercati azionari sono sensibili alla direzione e al livello dei tassi d’interesse.
La quotazione azionaria rispecchia infatti il valore netto attualizzato dei futuri cash flow. Se i tassi diminuiscono, le entrate future saranno scontate a un tasso inferiore e quindi la loro quotazione aumenterà.
Ovviamente, questa è un’analisi semplice, addirittura semplicistica. In molti casi, la quotazione azionaria e i tassi d’interesse non sono inversamente correlati. Per ottenere dati più attendibili, è spesso necessario raffrontare il tasso di crescita degli utili con i tassi d’interesse. Nel peggiore scenario (stagflation), i mancati utili coincidono con tassi d’interesse elevati; in questo contesto, gli indici borsistici calano. Nel migliore scenario, ossia quando l’economia esce da una recessione o da un forte rallentamento, le azioni presentano minori valutazioni e risultano quindi interessanti, mentre i tassi d’interesse sono ancora ridotti (è forse questa la situazione attuale?).
3-2-4/ L’azione della FED influisce sull’economia nella sua interezza
Alla luce della correlazione tra l’aggregato M2 e il PIL di cui parlavamo in precedenza, la Fed si adopererà per controllare l’espansione della massa monetaria e ottenere, al contempo, una crescita robusta, non inflazionistica e con una piena occupazione.
Se la politica monetaria viene condotta dalle banche centrali, la politica di bilancio è al contrario attuata dal potere politico, con una ripartizione delle responsabilità tra potere esecutivo e potere legislativo.
Le “tecnicità” tra la presentazione del bilancio da parte dell’esecutivo e il suo voto da parte del potere legislativo variano da un Paese all’altro.
DEFINIZIONE DELLA POLITICA MONETARIA DELLA FED
Esamineremo in primo luogo gli obiettivi della politica monetaria, per poi passare all’importanza relativa di questi obiettivi e chiudere con una delle caratteristiche essenziali della Fed: la sua indipendenza.
1/ GLI OBIETTIVI DELLA POLITICA MONETARIA
Come qualunque altro istituto di emissione, ovviamente la Fed è responsabile delle tradizionali mansioni di una banca centrale: organizzare il sistema di compensazione e pagamento, controllare l’evoluzione della massa monetaria, mantenere stabile le parità di cambio.
Oltre a questi obiettivi convenzionali, la Fed presenta specifiche missioni.
Gli obiettivi ultimi delle autorità monetarie americane sono tre:
- economia solida (caratterizzata da un PIL in crescita)
- inflazione minima
- piena occupazione
Questi tre obiettivi sono in genere chiamati “il triangolo infernale” (“uneasy triangle”).
Alterando la spesa pubblica e la tassazione e, pertanto, incidendo sulla domanda globale, la politica di bilancio ha un impatto molto significativo sull’attività economica, l’occupazione e il livello di inflazione. La responsabilità della politica di bilancio è condivisa dalla Casa Bianca e dal Congresso. La Fed è responsabile della politica monetaria dal 1913.
1-1/ Economia solida
L’approccio odierno alla crescita del PIL è più eclettico rispetto al passato. La Fed è invece molto più pragmatica al riguardo, dato che non definisce obiettivi quantitativi e modelli di riferimento. Prima che finissero gli anni Ottanta, l’approccio della politica monetaria alla crescita si basava sull’espansione della massa monetaria. Lo strumento privilegiato era la variazione dei tassi per le riserve obbligatorie.
Oggi l’obiettivo primario della Fed è rendere la crescita più robusta, sostenerla o rallentarla rassicurando al contempo i mercati. Per farlo utilizza essenzialmente i tassi d’interesse.
Dato che gode della fiducia dei mercati finanziari, la Fed non ha affatto bisogno di definire obiettivi quantitativi (a differenza della BCE).
Si stima che l’obiettivo ideale di crescita netta si attesti intorno al 2% (che permetterebbe, a parità di altre condizioni, di evitare recessioni e surriscaldamenti).
1-2/ Inflazione minima
Il modo in cui la Fed decide di raggiungere i propri obiettivi varia nel tempo. Dopo aver abbandonato il controllo della crescita tramite la massa monetaria, la Fed mira sempre a incrementare i volumi della stessa ma non basa le sue decisioni formali sulle variazioni degli aggregati M1, M2 o M3.
La Fed ha iniziato a basare le sue decisioni di politica monetaria su ipotesi di correlazione tra il potenziale di crescita dell’inflazione e l’inflazione reale, una pratica ancora in auge (l’influenza della scuola monetarista di Chicago sulla Fed è, in questo caso, evidente).
Attualmente la Fed osserva nello specifico i seguenti parametri:
- il prezzo delle materie prime in generale (l’indice CRB in particolare)*
- gli stipendi orari e la durata settimanale media lavorata
- il tasso di disoccupazione
- le capacità di utilizzo
Questo elenco di fattori suggerisce che a preoccupare la Fed sia più un’inflazione potenziale causata dai costi piuttosto che un’inflazione causata dalla domanda.
1-3/ Piena occupazione
Lavoro e disoccupazione sono indicatori altamente ciclici. Ad esempio, nel 1985 il tasso di disoccupazione era pari al 7,1%, a febbraio 2001 era del 3,9%, a luglio 2009 del 9,4% e ad agosto del 9,7%. La Fed ha quindi adattato il suo approccio in base a questa evoluzione. Tre anni fa il principale timore era rappresentato dal potenziale di strozzature nella forza lavoro, soprattutto per gli impieghi qualificati. Oggi questo problema non è più di attualità.
È raro che questi tre obiettivi vengano raggiunti contemporaneamente e la loro importanza relativa varia in base alle condizioni economiche generali.
2/ L’IMPORTANZA RELATIVA DI QUESTI TRE OBIETTIVI
L’ordine di importanza di questi tre obiettivi dipende dal quadro economico globale.
Ad esempio, negli anni Settanta a destare le maggiori preoccupazioni era l’inflazione.
Malgrado l’aumento della disoccupazione nella maggior parte del decennio, il pubblico invocava a gran voce degli interventi per contrastare l’inflazione. Sulla scia di questi timori, sono state introdotte delle vaghe misure di facciata come il congelamento di prezzi e salari da parte dell’amministrazione Nixon e l’inquadramento dei prezzi del petrolio voluto da Carter.
Ovviamente, il governo non considererà mai la possibilità di ridurre le sue spese.
All’apice della crisi, durante l’estate del 1979, il presidente Carter è stato costretto a dare le redini della Fed a un “falco” in materia di inflazione: Paul Volcker.
Agendo rapidamente (con un’inflazione a due cifre), il 6 ottobre 1979 ha adottato le seguenti misure:
- aumento del tasso di sconto dall’11 al 12%
- creazione di riserve obbligatorie (tasso dell’8%) sui crediti aggiuntivi (frenando in tal modo l’espansione della massa monetaria)
- acquisti massicci di dollari sul mercato dei cambi.
Se, al contrario, ci soffermiamo sull’attuale contesto in cui la principale preoccupazione è rappresentata dalla crescita, è possibile notare che i metodi impiegati sono completamente diversi: il problema è capire se la ripresa sarà accompagnata o meno dall’inflazione e, pertanto, al momento l’approccio della Fed si può riassumere con le parole “wait and see”.
3/ L’INDIPENDENZA DELLA FED
Negli Stati Uniti vi è una netta distinzione tra politica monetaria e politica di bilancio. Partendo da questo presupposto, è raro che il potere politico e le autorità monetarie sconfinino l’uno nel territorio dell’altro.
Inoltre, esaminando il modo in cui sono nominati i membri del “Federal Reserve Board” (FRB) (mandato di 14 anni e 4 anni per il presidente), possiamo concludere che questo organo è al di sopra della politica.
Infine, la Fed è l’unica entità che, per controllare l’inflazione, può rischiare una recessione.
Dopo aver definito i suoi obiettivi, è necessario analizzare i mezzi che la Fed utilizzerà per raggiungerli.
L’ATTUAZIONE DELLA POLITICA MONETARIA DELLA FED
In questa sezione, analizzeremo gli organi decisionali, su quali basi vengono prese le decisioni e infine gli strumenti utilizzati per attuare la politica monetaria prevista.
1/ GLI ORGANI DECISIONALI
Sono due gli organi che determinato la politica della FED:
- Il Federal Reserve Board (FRB)
- Il Federal Open Market Committee (FOMC)
1-1/ Il FRB
Il FRB è la vera autorità monetaria, per quanto intervenga anche in alcune decisioni associate alla politica monetaria, come dimostra il fatto che ogni membro del FRB è automaticamente membro del FOMC. Il ruolo del FRB esula quindi dalla semplice politica monetaria e riunisce anche la regolamentazione bancaria e l’aspetto internazionale (l’ambito di competenza del FOMC è puramente nazionale). Il FRB si compone di 7 membri nominati dal presidente degli Stati Uniti.
Il loro mandato dura 14 anni, mentre il presidente e il vicepresidente sono nominati per 4 anni. In caso di dimissioni o decesso di un membro, viene nominato un sostituto fino alla scadenza del mandato. Il presidente deve prendere in considerazione i distretti della Fed. In teoria, presso il FRB non ci possono essere 2 membri di uno stesso distretto. Il Senato deve approvare le nomine.
1-2/ Il FOMC
Questo organo è composto da 12 membri. I 7 membri del FRB e 5 presidenti provenienti dai 12 distretti della Fed. Il presidente della Federal Reserve di New York ne fa sempre parte (tra i 5 presidenti), mentre i rimanenti 4 posti vengono assegnati a rotazione tra gli altri 11 distretti.
2/ LE BASI DELLA POLITICA MONETARIA: I DATI E I FATTI
Non esiste una data effettiva di nascita della politica monetaria. Tuttavia, da un punto di vista cronologico si è iniziato a parlare di tale politica con la prima presentazione del presidente della Fed al Congresso nell’ambito della “Humphrey-Hawkins testimony”.
In quel momento, infatti, il FRB e i presidenti dei distretti hanno definito gli obiettivi di crescita delle masse monetarie e le previsioni correlate ad attività economica e inflazione.
Il presidente fornisce inoltre una panoramica sulla performance passata, presente e futura dell’economia. Alla seconda udienza del presidente, che si tiene a luglio, vengono rivisti gli obiettivi associati alle masse monetarie e sono definiti gli obiettivi preliminari per l’anno successivo.
I dati relativi a crescita e inflazione sono delle previsioni e non degli obiettivi.
La Fed continua a fissare gli obiettivi di crescita degli aggregati monetari, in quanto ritiene che esista una correlazione con la crescita del PIL.
La Fed cerca di regolare l’espansione monetaria al fine di raggiungere una crescita economica non inflazionistica.
Esiste anche una correlazione moneta-PIL relativamente forte: spesso il tasso di crescita dell’aggregato M2 raggiunge il livello minimo allo stesso momento del tasso del PIL. Inoltre, la variabile M2 sembra precedere la produzione di 12 mesi.
Alcuni economisti utilizzano questa correlazione per prevedere il PIL.
2-1/ Gli aggregati monetari
*Definizione di M1: somma di liquidità, assegni turistici (traveller’s cheque) e tutti i conti a vista.
*Definizione di M2: M1 + depositi dei mercati monetari, conti di risparmio, conti a termine inferiori a 100.000$
*Definizione di M3: M2 + depositi a termine superiori a 100.000 $ + depositi in Euro$ + Repo
Dopo aver definito la crescita di questi aggregati, compete alla Fed stabilire un obiettivo di crescita e inflazione.
Il tasso di crescita reale sul lungo termine che, apparentemente, la Fed intende raggiungere oscilla intorno al 2/2,5%. Pertanto, se la Fed decide un obiettivo di inflazione del 2%, l’obiettivo di crescita nominale risulterà compreso tra il 4 e il 4,5%.
In un secondo momento, la Fed determina la relazione tra crescita ed espansione monetaria; questa correlazione è nota come “velocità di circolazione della moneta”.
La Fed ha implicitamente concluso che, sul lungo termine, il PIL nominale cresce allo stesso tasso dell’aggregato M2.
Infine, l’ultima fase consiste nel definire un range di variazioni per il tasso di espansione monetaria, al fine di definirne gli obiettivi.
Attualmente, gli obiettivi previsti sono i seguenti: 2,5% inferiore a M2 inferiore a 6,5%; e 1% inferiore a M3 inferiore a 5%.
2-2/ La determinazione delle riserve
Dopo aver stabilito gli obiettivi di crescita per M2 e M3, la Fed non è sempre in grado di controllare direttamente la crescita della massa monetaria. Tutto quello che può fare è fornire al sistema bancario delle riserve sufficienti per consentire ai fondi federali (e quindi agli altri tassi sul breve termine) di evolvere nella direzione desiderata.
L’importo totale delle riserve è pari alla somma delle riserve obbligatorie e di quelle in eccesso. Le riserve obbligatorie, cosiddette “required reserves”, corrispondono alle riserve che le banche devono depositare presso la Fed. Ogni 2 settimane, di mercoledì, viene determinato il saldo delle riserve.
Attualmente, le riserve obbligatorie sui depositi sono pari a circa il 10%.
Le riserve in eccesso sono quelle che le banche desiderano conservare. In questo caso, le banche prevedono una tensione sui fondi federali (per ragioni tecniche, ad esempio al momento di versare le imposte) oppure un rialzo degli stessi da parte della Fed. La Fed non soddisfa mai tutte le esigenze del sistema tramite il mercato aperto.
Al contrario, costringe alcuni partecipanti a prendere in prestito presso lo “sportello di sconto” (“discount window”).
In questo modo la Fed predispone un controllo sui fondi federali.
3/ GLI STRUMENTI DELLA POLITICA MONETARIA
Oltre al suo ruolo tradizionale di istituto di emissione e ai principali obiettivi, la Fed svolge altre due funzioni:
- prestatore di ultima istanza
- linea di difesa contro forti variazioni delle parità di cambio
In questa sezione tratteremo le varie azioni condotte dalla Fed per attuare la politica monetaria. La seconda parte sarà invece incentrata sulle relative conseguenze.
3-1/ Tipo di azioni della Fed
Per quanto concerne la politica monetaria, oltre a fissare le riserve, le azioni della Fed possono essere classificate in 3 categorie:
- le operazioni di mercato aperto
- la definizione del tasso di sconto
- la determinazione del tasso dei fondi federali, che permette alla FED di orientare i tassi a breve termine
3-1-1/ Le operazioni di mercato aperto
Le operazioni di mercato aperto sono le più importanti in termini di politica monetaria.
Oggi Wall Street e l’intero mondo finanziario seguono gli acquisti e le vendite di attivi effettuati dalla Fed.
In sostanza, un acquisto di attivi corrisponde a un’iniezione di liquidità sul mercato e queste operazioni prendono il nome di “Repo” (Repurchase Agreement).
* I Repo:
Presentano due forme:
- customer repo: transazioni in genere effettuate per conto di terzi, impatto pressoché nullo in termini di politica monetaria
- system repo: transazione effettuata dalla Fed per proprio conto; tende a indicare al mercato che il livello dei fondi federali è troppo elevato. Il messaggio inviato al mercato è chiaro: per ragioni tecniche o per motivi più profondi, il livello dei fondi federali deve scendere.
Una vendita di attivi corrisponde al ritiro di liquidità dal mercato e queste operazioni sono chiamate:
* Matched sale.
Quando la Fed reputa che il livello dei fondi federali è troppo ridotto, sottrae liquidità al mercato tramite la vendita di attivi, ossia attraverso le cosiddette operazioni di “matched sales” o “reverse repo”.
Attraverso tali operazioni la Fed regola i tassi a breve termine.
* Il coupon pass
La Fed può intervenire sui tassi a più lungo termine tramite il “coupon pass” (acquisti di buoni del Tesoro con scadenza compresa tra 1 e 3 anni). Questa azione può essere interpretata dal mercato obbligazionario come un segnale molto forte.
3-1-2/ La definizione del tasso di sconto
Di recente le rettifiche al tasso di sconto sono state meno frequenti rispetto a quelle sul tasso dei fondi federali. Il fatto che le variazioni del tasso di sconto vengano annunciate pubblicamente ne sopravvaluta la reale portata. Infatti, il tasso di sconto è un indicatore tardivo della politica monetaria; nella maggior parte dei casi, il tasso dei fondi federali viene modificato prima di un qualsiasi cambiamento del tasso di sconto. Tuttavia, il tasso di sconto, che in passato era un’agevolazione concessa alle banche in caso di rifinanziamento difficile, è diventato un tasso penalizzante dal 9 gennaio 2003. Dal 16 dicembre 2008 è pari allo 0,50% (1° categoria) e all’1,00% (2° categoria).
3-1-3/ La determinazione del tasso dei fondi federali, che permette alla FED di orientare i tassi a breve termine
Gli operatori del mercato seguono con attenzione il tasso dei fondi federali poiché da esso vengono ricavati tutti gli altri tassi a breve termine. Infatti, il tasso dei Fed Fund è il tasso marginale di prestito per le banche. Per finanziare ogni nuovo prestito, le banche devono procurarsi delle risorse il cui prezzo deriverà dal livello dei Fed Fund. Per quanto riguardo l’attivo delle banche, anche il “Prime Rate” dipende dal tasso dei Fed Fund.
È bene ricordare che la Fed non utilizza più la variazione del tasso correlato alle riserve obbligatorie.
Restano soltanto da esaminare le conseguenze dell’azione della Fed sui mercati finanziari e sull’economia in generale.
3-2/ Le conseguenze dell’azione della Fed
In questa sezione scopriremo in che modo, tramite la definizione dei fondi federali, la Fed orienta i tassi a breve termine. Cercheremo di capire come le azioni della Fed incidano sui mercati dei tassi, dei cambi, azionari e sull’economia nella sua interezza.
3-2-1/ L’azione della FED sui mercati dei tassi
per quanto la Fed orienti i tassi a breve termine, non è in grado di controllare appieno i tassi a lungo termine
Questi ultimi sono essenzialmente determinati dai seguenti fattori: inflazione, offerta e domanda, rischio di credito sull’attivo interessato, ecc.
Tuttavia, conoscere quale sarà il prossimo orientamento della Fed è di grande aiuto nella selezione degli investimenti.
3-2-2/ L’azione della FED sul mercato dei cambi
Qualunque azione di politica monetaria si ripercuoterà sul mercato dei cambi, in quanto la parità del dollaro americano dipende in parte dal livello dei tassi a breve termine (vedere F. Mishkin, canale dei tassi d’interesse). Tuttavia, a parità di altre condizioni, il FOMC ha sempre formulato i propri orientamenti sui tassi d’interesse privilegiando l’aspetto nazionale rispetto a quello internazionale.
3-2-3/ L’azione della FED sui mercati azionari
I mercati azionari sono sensibili alla direzione e al livello dei tassi d’interesse.
La quotazione azionaria rispecchia infatti il valore netto attualizzato dei futuri cash flow. Se i tassi diminuiscono, le entrate future saranno scontate a un tasso inferiore e quindi la loro quotazione aumenterà.
Ovviamente, questa è un’analisi semplice, addirittura semplicistica. In molti casi, la quotazione azionaria e i tassi d’interesse non sono inversamente correlati. Per ottenere dati più attendibili, è spesso necessario raffrontare il tasso di crescita degli utili con i tassi d’interesse. Nel peggiore scenario (stagflation), i mancati utili coincidono con tassi d’interesse elevati; in questo contesto, gli indici borsistici calano. Nel migliore scenario, ossia quando l’economia esce da una recessione o da un forte rallentamento, le azioni presentano minori valutazioni e risultano quindi interessanti, mentre i tassi d’interesse sono ancora ridotti (è forse questa la situazione attuale?).
3-2-4/ L’azione della FED influisce sull’economia nella sua interezza
Alla luce della correlazione tra l’aggregato M2 e il PIL di cui parlavamo in precedenza, la Fed si adopererà per controllare l’espansione della massa monetaria e ottenere, al contempo, una crescita robusta, non inflazionistica e con una piena occupazione.
Se la politica monetaria viene condotta dalle banche centrali, la politica di bilancio è al contrario attuata dal potere politico, con una ripartizione delle responsabilità tra potere esecutivo e potere legislativo.
Le “tecnicità” tra la presentazione del bilancio da parte dell’esecutivo e il suo voto da parte del potere legislativo variano da un Paese all’altro.
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